IL BLOG DI SMU
L'esperienza al confine Taftan: dove l’avventura ti sceglie
Bloccato per giorni al famigerato confine di Taftan, tra controlli infiniti, scorte armate, pasti misteriosi e stanze che definire spartane è un complimento. Un racconto ironico e autentico di un'esperienza surreale nel cuore del Belucistan CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO COMPLETO ➔


STEFANO
Data
Settembre 2024
Lettura
5 min
Eccomi arrivato al confine pakistano, dove una volta varcato inizierà la vera avventura. Con l’aiuto di Hamid, conosciuto come il “King of Taftan” (Taftan è il nome del confine tra Iran e Pakistan), il passaggio è liscio come l’olio, e in un batter d’occhio sono uscito dall’Iran. Appena entro in territorio pakistano, mi viene detto di seguire un militare che mi scorta fino a una base. Lì devo scrivere i miei dati e quelli della moto su un enorme librone. Mentre compilo, mi guardo intorno: la stanza è piena di libri simili, impolverati, e mi domando a cosa serva tutto questo se nessuno leggerà mai quelle pagine. Ma va beh, faccio quello che mi chiedono. Per la prima volta durante il viaggio controllano attentamente il carnet de passage e verificano che il numero di telaio combaci. Dopo una lunga attesa, mi fanno cenno di seguire un altro militare, che mi porterà alla “prigione” dove passerò la notte. Per chi non lo sapesse, al confine di Taftan ai turisti non è permesso attraversare il Belucistan senza scorta, per motivi di sicurezza. A causa della presenza di gruppi estremisti, conflitti separatisti e una situazione economica molto instabile, questa zona è considerata molto pericolosa. Pensate che il 26 agosto 2024, solo otto giorni prima del mio arrivo, c’è stato uno degli episodi più gravi degli ultimi anni: un gruppo armato ha bloccato la strada, costretto le persone a scendere dai veicoli, controllato i documenti e ucciso 23 persone, principalmente dell’etnia punjabi. Hanno anche incendiato 35 veicoli, tra cui autobus e camion, con un bilancio finale di 75 vittime. Poiché questi gruppi colpiscono soprattutto i non locali, il governo offre gratuitamente una scorta militare, chiamata Levies. Questo gruppo esiste da più di vent’anni. Arrivato alla famosa “prigione” – o meglio, alla base dei Levies – mi mostrano la mia stanza. Chiamarla stanza è un parolone. Dentro c’è solo un divano sfondato e un armadio coperto di scritte lasciate da altri viaggiatori. Sul soffitto c’è un ventilatore che, se acceso, mi sarebbe probabilmente caduto in testa ma col caldo che fa mi prenderò il rischio. Il bagno è senza acqua, sembrava non venisse pulito da vent’anni. Sicuramente non era un hotel a cinque stelle, ma dovevo restarci solo una notte. O almeno così credevo... Alle 5 del mattino sento un gran baccano. Mi sveglio e mi preparo, convinto che fosse il momento di partire, ma il capo della stazione mi dice che non si parte più e che devo aspettare. Passa un giorno, poi un altro, ma nessuna novità. Senza internet, il tempo non passa mai. Parlo un po’ con i Levies, per quanto possibile. Uno di loro mi dice di stare molto attento a guidare in Pakistan, perché qui vige la legge del più forte: se un camion è in contromano, tocca alla moto evitarlo, il camion non rallenterà e non si sposterà, o lo fai tu o ti schiaccia.
“
Pensavo di attraversare il confine di Taftan in pochi giorni, ma mi sono trovato in una vacanza forzata in un ‘resort’ tra militari, pasti misteriosi e stanze da incubo. Il confine che ti cambia
”
Poi inizia a mostrarmi foto di moto distrutte e di persone che hanno provato questa traversata e non ce l’hanno fatta. Riesce sicuramente a mettermi un po’ di ansia e di paura. Uno dei momenti più divertenti è stato quando prendevano in giro un loro collega di 26 anni che aveva “solo” cinque figli. Mi dicevano: “Lo vedi quello? A lui non funziona molto bene, ha solo cinque figli, mentre noi ne abbiamo tutti più di sette!” Da europeo non puoi fare altro che restare stupito e ridere a battute del genere. Se uno con cinque figli è “messo male”, meglio non raccontare loro come funziona da noi. Dopo tre giorni ho finito tutto il cibo e l’acqua. Ormai sono diventato amico di tutti. La sera il cuoco ci prepara da mangiare – cose che ancora oggi mi chiedo cosa fossero – ma con la fame si mangia tutto. Mettiamo un grande tappeto in mezzo al piazzale pieno di polvere, ci sediamo per terra, e da un unico piatto si mangia con le mani. Anche per bere c’è un solo bicchiere, ma per fortuna io ho la mia tazza. Una volta finito, gli avanzi vanno ai prigionieri. Un’esperienza surreale, sicuramente disagiata ma anche profondamente avventurosa. Ed è esattamente questo che cercavo, quindi non posso lamentarmi. Passa un’altra notte e al mattino mando un messaggio a Jörg e Birgit. Mi dicono che sarebbero arrivati in giornata, e così è stato. Sul loro camion avevano cibo “normale” e dopo quattro giorni senza sapere davvero cosa stessi mangiando, è stato meraviglioso. Ci dicono che saremmo potuti partire il giorno dopo, ma ancora una volta non funziona così. È quasi una settimana che sono bloccato qui. Chiedo se posso cambiare dei soldi, visto che dovrò fare benzina più volte fino a Quetta. Mi portano dall’altra parte della strada, in un’altra base militare. Dentro ci sono molti autobus fermi e persone accampate ovunque. Lì aspettano tutti quelli che non sono occidentali. Ancora una volta mi rendo conto di quanto essere europeo sia un privilegio, anche nel disagio. Io avevo una stanza tutta mia, un po’ di privacy. Nella base eravamo in tre, mentre dall’altra parte c’erano almeno cento persone. Dopo aver cambiato i soldi torniamo indietro. Birgit voleva preparare la cena ma le mancavano alcuni ingredienti, così io e Jörg chiediamo se possiamo essere scortati fino a un mercato. Saliamo in macchina e facciamo il primo assaggio di Pakistan: un caos totale, spazzatura ovunque, gente accalcata. Io e Jörg ci guardiamo sorridendo e ci diciamo: “Ora sì che inizia l’avventura.” Torniamo alla base con quello che ci serviva, Birgit prepara una cena deliziosa. Mangiamo su un tavolo, ognuno con il proprio piatto e la propria forchetta, sotto un cielo stellato. Dopo cena, il capo dei Levies ci dice che la mattina seguente saremmo finalmente partiti. Teniamo le dita incrociate...






Ultimi Articoli
Luglio 2025
Singapore

Tre giorni a Singapore
Tre giorni intensi a Singapore, tra modernità estrema, regole sorprendenti e incontri inaspettati. Una tappa breve prima di ripartire verso la Malesia. CLICCA QUI PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ➔
Articolo completo
→
Luglio 2025
Australia

Un nuovo viaggio. Di nuovo su due ruote, ma stavolta con la bicicletta. Melbourne → Bangkok.
Dopo aver lasciato tutto ancora una volta, sono partito per un nuovo viaggio. Non più in moto, ma in bicicletta. Da Melbourne a Bangkok, attraversando l’inverno australiano tra salite impossibili, notti gelide, canguri, fiumi da attraversare e tanta voglia di libertà. Un racconto di strada, fatica e bellezza selvaggia.CLICCA QUI PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ➔
Articolo completo
→
Ottobre 2024
Nepal

Kathmandu, il traguardo del mio primo grande viaggio
Dopo 16.000 km, confini attraversati, imprevisti meccanici e incontri indimenticabili, sono arrivato a Kathmandu. Questo è il racconto dell’ultima tappa della mia prima vera avventura: imperfetta, faticosa, ma profondamente mia. CLICCA QUI PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ➔
Articolo completo
→