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Un nuovo viaggio. Di nuovo su due ruote, ma stavolta con la bicicletta. Melbourne → Bangkok.

Dopo aver lasciato tutto ancora una volta, sono partito per un nuovo viaggio. Non più in moto, ma in bicicletta. Da Melbourne a Bangkok, attraversando l’inverno australiano tra salite impossibili, notti gelide, canguri, fiumi da attraversare e tanta voglia di libertà. Un racconto di strada, fatica e bellezza selvaggia.

A new journey. Back on two wheels  but this time with bicycle. Melbourne → Bangkok
Stefano Brucato

STEFANO

Data

Luglio 2025

Lettura

5 min

Eccomi qui. Ho mollato di nuovo tutto: i comfort, una casa dove tornare ogni giorno, dove non manca nulla, dove il frigo è sempre pieno e i servizi di una vita normale sono a portata di mano. Ho lasciato ancora una volta il lavoro e la mia routine, anche se è durata solo sei mesi. Tutto questo per partire di nuovo. Non più in moto, ma in bicicletta. Ma perché proprio la bici? Ci ho pensato a lungo e credo sia il mezzo migliore per esplorare l’Asia. Nonostante il mio amore per le moto sia fortissimo, un nuovo viaggio su due ruote a motore sarebbe stato troppo complicato: serviva un nuovo Carnet de Passage, spedizioni, attraversamenti di frontiera più complessi e costi molto più alti, ma soprattutto meno flessibilità. Ma al di là di questi ostacoli pratici, superabili se vogliamo, c’era qualcosa di più profondo. Dopo aver terminato il mio viaggio dall’Italia al Nepal, non ero ancora soddisfatto di me stesso. Non avevo ancora saziato la mia fame di avventura. Volevo qualcosa di ancora più essenziale, più autentico. E così eccomi qui, in viaggio da Melbourne a Bangkok in bicicletta, dove una volta raggiunto Bangkok, volerò fino in Italia (senza bici) e mi prenderò una pausa di qualche mese. Dopo la pausa il piano sarà di tornare nuovamente a Bangkok e riprendere ciò che è stato interrotto, continuando il viaggio via terra fino a casa. Non mancherà l'utilizzo di qualche moto lungo il percorso, ne noleggerò sicuramente una ogni tanto per esplorare zone più remote. Il mio obiettivo però non è sportivo né estremo: non voglio fare imprese in bici. Voglio solo attraversare i confini dei Paesi, con calma. La partenza è sempre un momento particolare, un misto di ansia e agitazione. Sono emozioni che provo raramente, ma in quei momenti si fanno sentire. A Melbourne ho salutato vecchi e nuovi amici, poi sono partito di nuovo. Da solo. Io, la mia bici e la mia tenda. I primi giorni sono andati molto bene. Partivo all’alba, smettevo di pedalare al tramonto. Montavo la tenda dove trovavo acqua e ripartivo la mattina seguente. Una notte, per il freddo, ho dormito in un bagno per disabili. Ahahahah. È incredibile come, quando torni a essere un viaggiatore, le persone intorno a te cambino completamente. In questi primi otto giorni, le persone che ho incontrato erano totalmente diverse da prima. Gli automobilisti mi salutavano, i passanti si fermavano per parlare, chi poteva cercava di aiutarmi. Un uomo voleva regalarmi il suo giubbotto catarifrangente: gli australiani sono ossessionati dall’alta visibilità. Pedalare di notte qui è un’esperienza folle. Si incontrano tantissimi animali. Un canguro sbucato all’improvviso mi ha fatto davvero prendere un colpo. Poi sono arrivato alle Alpi, e prima di affrontare i 100 km nel nulla del Parco Nazionale di Kosciuszko, ho chiesto a degli operai se la strada fosse percorribile. Mi hanno detto che loro l’avevano fatta in macchina, che c’era neve e che a breve sarebbe arrivata una tempesta.

La vera avventura inizia quando lasci tutto alle spalle e scegli di seguire la strada che ti porta dentro te stesso.

Io ho ascoltato solo “si può fare in macchina”. Quindi sarà fattibile anche in bici, no? Il paesaggio sembrava quello della savana africana, per quel che ho visto nei documentari, ma con un sacco di canguri. Una figata assurda. Poi però la strada si è rivelata molto più tosta del previsto. Tanta, tantissima neve. Non riuscivo più a pedalare, solo a spingere. E le salite erano ripidissime. Ci ho messo 14 ore per attraversare la montagna. È stato molto avventuroso. Un po’ troppo avventuroso. Pensavo che dopo la salita sarebbe arrivata una lunga discesa. Invece era tutto un continuo saliscendi. La seconda metà l’ho fatta tutta di notte. Mi sono trovato davanti alberi giganteschi caduti sulla strada, barriere, pozze d’acqua con fondo fangoso come sabbie mobili. Le discese erano troppo ripide e disastrate. Con le borse pesanti continuavo a cadere. Dopo mille peripezie, finalmente ero quasi fuori. Ma alle 21:00, a pochi chilometri dall’uscita della foresta, mi sono trovato la strada bloccata da un fiume in piena. La traccia mi diceva di attraversarlo, ma era buio pesto. Ho provato lo stesso, ma la corrente era troppo forte. Rischiavo di perdere tutto. Così sono tornato indietro e mi sono accampato lì. Attorno a me, versi di animali. In alcuni casi vedevo solo gli occhi nel buio. Ma una volta dentro la tenda, tutto tranquillo. La mattina dopo, con la luce, ho cercato un ponte. Niente da fare. L’unica via era attraversare il fiume o tornare indietro. In quel momento mi sono sentito come il protagonista di Into the Wild, bloccato dal fiume. Allora ho tolto tutte le borse dalla bici e mi sono ricordato del corso su come comportarsi nei fiumi che avevo fatto prima della zatterata delle Feste Vigiliane di Trento. Ho studiato una strategia. Il primo passaggio l’ho fatto con le cose più importanti: passaporto, telefono, telecamere. Ho risalito il fiume fino al punto di morta, per avere un vantaggio. Poi, a piedi, ho attraversato in diagonale, a favore di corrente, fino all’altra sponda. Ho fatto così cinque volte, fino a trasportare tutto dall’altra parte. Le gambe mi erano diventate viola dal freddo, ma ce l’ho fatta. Ho attraversato le Alpi australiane in pieno inverno. Una volta recuperata la connessione internet, ho controllato di nuovo. Non esiste nessun ponte. La strada è percorribile solo in estate. E in estate quel fiume diventa solo un ruscello. Da lì in poi è stata tutta discesa. A parte il freddo, che ogni notte trasformava la mia tenda in un igloo. Ma ero ben attrezzato e non ho mai patito davvero. Dopo otto giorni, 1300 chilometri e 15.000 metri di dislivello positivo, sono arrivato a Sydney. La bici è a pezzi, ma fa parte del gioco. Qui posso ripararla, smontarla e prepararla per il volo. Prossima tappa: Singapore.

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